Mi chiamo Marta Farruggia, classe ’89. Genovese di nascita, sono stata cresciuta da una mamma palermitana e da un papà siculo-piemontese. Tradotto: ho respirato le tematiche legate all’integrazione culturale fin dal principio.
All’esame di quinta elementare ho portato una tesina sull’Africa ed alla laurea triennale in Scienze Internazionali e Diplomatiche una tesi in lingua spagnola sull’integrazione della seconda generazione di migranti sudamericani a Genova. Parallelamente, ho sempre manifestato un amore sconfinato nei confronti dei bambini, e ho coltivato lo sguardo nei confronti degli altri attraverso il servizio Scout; perciò, si può dire che Oasis fosse già scritta nel mio destino, ancora prima di conoscerla.
Mi sono imbattuta nel nido Montebruno durante l’anno della maturità per svolgere un servizio di volontariato extra associativo durante il mio percorso Scout. In quel periodo pensavo di avere le idee abbastanza chiare sul mio futuro: mi sarei iscritta alla Facoltà di giornalismo, però… vedere quei quattro ragazzi che stavano vivendo l’esperienza del Servizio Civile in asilo mi aveva messo la pulce nell’orecchio. “E se, invece, la mia vocazione fosse legata al mondo dei bambini?”
Cinque anni dopo, conseguita la laurea magistrale in Informazione ed Editoria, ho scelto di dedicare un anno al Servizio Civile Nazionale proprio al nido Montebruno. È stato un periodo davvero significativo e formativo, non solo in ambito pedagogico.
Mi sono innamorata così tanto del clima che ho respirato in Oasis che, una volta terminati i dodici mesi di servizio, ho subito risposto “sì” alla richiesta di entrare nel Consiglio Direttivo dell’Associazione e, poco tempo dopo, tirai dentro anche la mia fraterna amica Silvia Rinaldi che, come me, stava terminando il servizio di volontariato come Capo Scout. Quando si fa del servizio e del volontariato il proprio stile di vita, è difficile smettere. La missione di Oasis ci aveva decisamente conquistate e ci siamo impegnate fin da subito nell’ambito della raccolta fondi, forti di tanti anni di “autofinanziamenti” Scout alle spalle.
Il mio percorso professionale, nel frattempo, aveva preso una strada del tutto inaspettata: nel 2014, a due mesi dall’inizio del Servizio Civile, mi sono sposata con Tommaso (conosciuto otto anni prima grazie all’unione dei nostri gruppi Scout) e l’anno seguente abbiamo saputo che saremmo diventati tre.
Così, nel 2016 è arrivata Camilla e nel 2017 Elena (manco a dirlo, due bimbe Oasis).
Come si può immaginare, non è stato semplice trovare una collocazione lavorativa fra una gravidanza e l’altra (anche se ho fatto di tutto, dal web marketing e social media manager, alle ripetizioni di spagnolo, pur di non restare con le mani in mano). In quei primi due anni di maternità ho sperimentato sulla mia pelle l’intero ventaglio di problematiche legate al cosiddetto “gender gap”.
Tuttavia, mai più avrei pensato che il mio volontariato si sarebbe trasformato nella professione che oggi sento come la più calzante per le mie attitudini e le mie caratteristiche. Tantomeno che l’idea potesse venire da mio marito (con rispetto parlando ;-P).
Come ho confessato nelle ultime pagine del libro “Oltre il nido”, il mio attuale lavoro in Oasis ha avuto la seguente genesi: “[…] ringrazio mio marito Tommy che una sera, ascoltando le mie preoccupazioni per le sorti dei nidi, mi disse: «Ma perché non proponi di occupartene per lavoro? Il costo di uno stipendio part-time lo copri senza ombra di dubbio nel giro di un anno. Ogni euro che entra in più, è un euro benedetto che diversamente non sarebbe arrivato». E così mi inventò fundraiser. E mi rese felice”.
Così, a maggio del 2018 ho vissuto contemporaneamente l’inserimento di Elena al nido Montebruno e il mio ingresso nel mondo del fundraising, come dico sempre, a mia insaputa.
In Oasis ho trovato un Consiglio Direttivo anagraficamente “anziano” (come accade spesso nel terzo settore), ma straordinariamente aperto e capace di appoggiare nuove sfide con fiducia e con coraggio.
Così, nel giro di soli sei anni sono passata da una condizione di totale “solitudine del fundraiser”, sindrome ampiamente diffusa nelle piccole organizzazioni non-profit, ad avere al mio fianco un amico fraterno, diventato collega, con il quale sviluppare l’attuale progetto “Radici Felici”, un Consiglio Direttivo rinnovato, popolato da nuove leve accolte con entusiasmo e perfettamente integrate con i membri storici e due magnifiche operatrici attive nello Sportello Genitori.
Li voglio citare e ringraziare tutti, perché ciascuno di loro si dedica a Oasis con generosità e desiderio di costruire insieme un’Associazione sempre più grande e capace di rispondere ai bisogni dei bambini e dei genitori che si trovano in situazioni di difficoltà.
Gianluca, Silvia, Cristina, Luigi, Paola, Dalila, Alessandra, Valeria, Angelo, Matteo, Daniela e Yokasta.
Una bella squadra quindi, alla quale devo aggiungere le educatrici dei nidi ed un gruppo di soci e volontari appassionati con i quali in questi anni ho vissuto momenti intensi, ho condiviso storie di famiglie alle quali Oasis ha letteralmente cambiato la vita.
Ho quindi avuto il privilegio di prendere per mano l’Associazione, strutturarla e renderla economicamente solida e veder crescere i progetti (e tanti bambini!) con la gioia di condividere questo percorso con tantissime persone di valore. Di questo, ringrazio ogni giorno.
Dopo averlo “battezzato” e avviato in forma sperimentale, lo Sportello Genitori non mi vede più attiva in prima linea con le famiglie. Ho scelto di fare un passo indietro per farne fare dieci avanti a persone che riconosco essere più brave di me nel camminare al fianco delle famiglie con fragilità. La mia non è falsa modestia, ma al contrario una capacità che mi riconosco: ciascuno ha i suoi punti di forza e di debolezza e per generare un impatto positivo nelle vite degli altri è necessario impegnarsi dove si può costruire qualcosa di buono e lasciare spazio a chi può raggiungere punti ai quali non si può arrivare da soli.
Non più operativa con le famiglie, ma sempre attiva nel gruppo di supervisione e in perenne ascolto delle storie di ogni singolo genitore: oggi il mio ruolo all’interno dell’équipe dello Sportello è un po’ cambiato, ma mi permette di restituire ai donatori ciò che è possibile fare grazie al loro sostegno, di agevolare il dialogo fra chi è in Oasis da tanti anni e chi è arrivato da poco tempo e di prendermi cura del benessere di chi aiuta i genitori. Ebbene sì, per fare del bene, bisogna stare bene e una delle mie sfide più grandi è proprio quella di accompagnare la crescita di Oasis, riuscendo a mantenere intatta la sua caratteristica più bella, ovvero quella di essere casa, di far sentire accolto chiunque, dal genitore, al bambino, dall’educatrice, al volontario.
Concludo con un ringraziamento sincero a tutti i donatori con quali sono cresciuta in questi anni: grazie per la fiducia e l’incoraggiamento. Sarà banale dirlo, ma effettivamente… senza di voi, tutto questo, non sarebbe stato possibile!
Ma che brava, Marta! E come lo hai raccontato bene! Ciao. Franco O,
Grazie Franco! Grazie a te per aver dato vita a ciò che mi motiva ogni giorno!